scritto per il catalogo della mostra Caravaggio/Viola, Capodimonte ott. 2010

Nella importante occasione che vede ancora una volta il museo di Capodimonte, nella mia amata Napoli, portatore di una lettura dell’arte assolutamente fuori dagli schemi teorici della sua storia (ricordo l’emozione che ho provato quando, fin dal 1978, le sue stanze regali hanno cominciato ad ospitare, proprio a due passi dal piccolo, bellissimo autoritratto di Lorenzo Lotto, opere di artisti come Alberto Burri – che aveva donato al museo il Grande Cretto nero- , Merz, Kounellis, De Dominicis, Kosuth, Buren e poi quelle di Cucchi e Paladino, Alfano, Spalletti, Nitsche, Pistoletto, e via via di altri rappresentanti dell’arte chiamata contemporanea), desidero in due parole fare un omaggio ai due importanti, straordinari artisti, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio e Bill Viola, dei quali il museo mostra ora alcuni lavori mescolando e confrontando intelligentemente l’estetica che rappresentano e dimostrando così che le opere d’arte travalicano sempre i limiti del proprio tempo e, nel nostro caso, sono quindi collocabili in un preciso periodo storico solo per il mezzo con cui sono state realizzate: ma, al contrario di come sosteneva Mac Luhan, il mezzo non è il messaggio e la classicità di Viola spesso oltrepassa l’irriverenza del Caravaggio, così che lo sconfinamento linguistico dimostra ancora una volta che l’arte non rappresenta mai un’epoca “passata ” ma che è l’opera d’arte stessa a ricomporre sempre e senza limiti la propria storia attraverso lo sguardo esterno dell’osservatore che la rende quindi sempre contemporanea.

maria gloria conti bicocchi settembre 2010 procida