virgilio
17/08/07 14:40
Guardando oltre l'orizzonte, al di là della lucida acqua marina (qualche barca alla deriva, arenata ormai da anni, dondolante, carica di tempo e di nulla), mi sono accorta che la distanza che separa l'isola dalla terra ferma, da Virgilio e dalla Sibilla di Cuma, è una distanza tenue ma esatta: poprio quella che metaforicamente separa nella nostra percezione una simile bellezza da un sogno, e a sua volta questa percezione da una illusione. Tanta bellezza infatti, le luci brillanti sul confine quasi immaginario, al di là dell'acqua, la rosea nebbia che avvolge i contorni di quella terra vicinissima, immensamente lontana, della quale m'illudo di sapere tutto, da sempre, quasi fosse la mia terra, la mia storia, e della quale invece la realtà sfugge a tutti, anche a coloro che la abitano davvero, questo segreto e questa bellezza è il suo mistero: una storia bellissima oscillante tra verità e leggenda, una storia che certamente e inconsciamente è la chiave di lettura della mia venuta su quest'isola, un destino quindi che attendo che si sveli, il motivo di questa scelta radicale che non ha nessuna ragione logica, tranne quella di poter rimirare, dalla giusta lontananza, dalla giusta vicinanza, questi luoghi cosi mestamente meravigliosi, che celano dietro la nebbia e dietro l'orizzonte raggiungibile dallo sguardo, le scure acque del lago d'Averno, la piscina mirabilis, e il rifugio sotterraneo della Sibilla, a Cuma, dove prestando con attenzione e senza malizia l'orecchio, mi assicurano che ancora qualche volta si possa udire l'enigmatica e profonda voce della maga pronunciare le frasi labirintiche il cui significato si è perso nei miti, secoli di storia, nei milioni di menzogne che il linguaggio ha acquisito per poter sopravvivere e per farci sopravvivere senza paura. Sta all'uomo ascoltare se vuole e, come nel libro de i King, come nelle improbabili riprove di ogni credo, affidarsi a quel sé medesimo nascosto che contiene già tutte le verità, ma così nascoste che solo un oracolo, comunque questo si disveli attraverso il nastro della storia, potrà riportarle al livello percepibile della coscienza, a filo dell'acqua profonda e della nostra storia genetica degli uomini, farlo divenire la Rivelazione che proviene da questo limo interno e abissale.
Un giorno prenderò una barca fino a Pozzuoli; un giorno, scesa in terra ferma, intraprenderò un circoscritto ma lunghissimo viaggio alla ricerca della tomba di Virgilio, del mistero che certamente è chiuso nella povera, rovinata terra del braditismo, nascosto dalle costruzioni dei geometri, dai simboli dell'arricchimento del periodo del boom e della camorra, forse dietro le brutte insegne delle pizzerie e dei nuovi bar. Non so se sia Enea l'anti Ulisse che cerco, o un improbabile Edipo che, con un destino così grande e tragico fu pur sempre degno di ascoltare e quindi risolvere un ingannevole enigma, forse in una Tebe del tutto simile alla terra che è qui di fronte. Tutti abbiamo un Laio sulla nostra strada, abbiamo tutti, o per lo meno tutti coloro che un giorno hanno camminato per arrivare altrove, reciso i lacci soffocanti del passato prossimo. E tutti a un certo punto, certi di avere scelto una realtà nuova e adatta a noi, ci siamo accorti che questa realtà abbracciata con entusiasmo altro non era che la storia che ci stava alle spalle, camuffata. La nostra Giocasta, il nostro destino. E saremo puniti con la nostra cecità. Avremo in realtà amato troppo noi stessi.
Un giorno prenderò una barca fino a Pozzuoli; un giorno, scesa in terra ferma, intraprenderò un circoscritto ma lunghissimo viaggio alla ricerca della tomba di Virgilio, del mistero che certamente è chiuso nella povera, rovinata terra del braditismo, nascosto dalle costruzioni dei geometri, dai simboli dell'arricchimento del periodo del boom e della camorra, forse dietro le brutte insegne delle pizzerie e dei nuovi bar. Non so se sia Enea l'anti Ulisse che cerco, o un improbabile Edipo che, con un destino così grande e tragico fu pur sempre degno di ascoltare e quindi risolvere un ingannevole enigma, forse in una Tebe del tutto simile alla terra che è qui di fronte. Tutti abbiamo un Laio sulla nostra strada, abbiamo tutti, o per lo meno tutti coloro che un giorno hanno camminato per arrivare altrove, reciso i lacci soffocanti del passato prossimo. E tutti a un certo punto, certi di avere scelto una realtà nuova e adatta a noi, ci siamo accorti che questa realtà abbracciata con entusiasmo altro non era che la storia che ci stava alle spalle, camuffata. La nostra Giocasta, il nostro destino. E saremo puniti con la nostra cecità. Avremo in realtà amato troppo noi stessi.