perché le ricette di cucina...

ho capito che a un certo punto della vita il modo migliore, il più silenzioso e diretto, di dare amore agli altri é cucinare: quindi le mie ricette sono come delle dediche che magari come tali riconosco solo io.

una nostalgia gentica

quando, passando con un treno vedo, all'imbrunire, delle case sfilare velocemente nel paesaggio che attraverso, delle anonime case con le finestre appena illuminate da una luce interna, immediatamente, anche e soprattutto davanti a case qualunque assolutamente non speciali, sento in me come una forte nostalgia per non averle mai o non ancora abitate, non esserci all'interno anche io, una nostalgia per qualcosa che non ho mai vissuto, per delle emozioni che, dal di fuori e correndo via con il mio treno, mi sembrano straordinarie e irrinunciabili. Forse tutto questo fa parte di una memoria genetica, di un già vissuto, o forse di un desiderio forte di essere "tutti".

sole invernale

stamani sono andata sul molo, ho camminato assorta nel godimento del tempo e dello spazio che mi sono presa tutto per me, poi mi sono seduta in fondo in fondo, dove c'é il faro tinto di minio rosso, il sole era tiepido, il mare profumatissimo, calmo e incantava il mondo intorno con la ritmica cantilena delle onde sugli scogli, accanto le barche a vela, tutte ferme per la stagione invernale, le sartie tintinnanti. Non so quanto tempo sono rimasta così a pensare a tutto e a niente. Poi sono arrivati due pescatori, le lunghe canne sulle spalle, un sacchetto dove forse metteranno i pesci, sicuramente pieno della loro vanitosa speranza di prenderne. Hanno cominciato a ridere, a comunicare a cenni e a parole, a scambiarsi un sodalizio molto speciale, a condividere per quello spazio di tempo la loro vita. Solo allora e d'un tratto mi sono accorta di essere sola.

Munda, nlla luce che declina

..quando Munda mi diceva "tu sei buona", questa frase assumeva per me una sorta di maestosità, quella maestosità alla quale solo una perfetta innocenza dona un valore assoluto, una corona regale.
tu sei buona.
dopo mesi senza vederla le rimanevo accanto delle intere giornate, in tranquillità, il suo silenzio sorridente ed il mio, quieto accanto a lei.
"non sono di compagnia" si scusava, "sono sempre seduta qui e non ho molte cose da raccontare"
ma quel silenzio era dolcissimo e riusciva a ridimensionarmi, a farmi immergere in una chiara realtà di pace, quella pace interiore che raramente mi pervade e che cancellava anche la fretta che sempre accompagna la mia vita, quel precorrere le cose per poi farne altre.
ero immersa in un tempo lungo, con la luce del giorno che calava lentamente, piano, un accompagnamento naturale verso il momento dei saluti; l'ultima volta, senza saperlo, verso l'addio definitivo.
la grande età, in persone molto speciali, riesce a ricomporre la vera scansione della vita, delle giornate vissute una ad una, forse perché sempre simili tra loro, forse perché l'attesa sparisce dalle componenti del tempo per rimanere solo spazio che si dissolve dolcemente ed il cui cambiamento é solo nel declinare della luce, piano, piano verso il buio.
tu sei buona.
grazie mummy.

a tutto tondo

arriva un certo punto, in là nel percorso della vita, in cui con grande meraviglia e direi giorno per giorno, accade di rivedere in sé stessi, somaticamente e profondamente, i tratti e gli atteggiamenti delle persone che ci hanno preceduti e che amiamo: abbiamo creduto da sempre di essere diversi da ognuno della nostra famiglia, lo abbiamo ribadito, dimostrato come una bandiera individuale, capace di farci prendere quella necessaria distanza che sola ci ha permesso di crescere nella nostra individualità, quasi sempre reale, a tratti presunta.
Ora, piano piano, accade che le mie mani si muovano, si modifichino e ricordino quelle di mio padre, il mio volto si spogli dalle espressioni forti che nascevano dal profondo orgoglio della giovinezza, e divenga più nudo, più puro, senza presunzione di bellezza, almeno quel genere di bellezza ormai divenuto o ridicolo o inutile, e lasci ora trasparire le mie origini nordiche, l'espressione innocente di mia madre. Una somma di persone, una genealogia che appare evidente, quasi una visione dell'aspetto che avranno anche i miei figli, un lontano giorno: ora so che ci saremo dentro tutti, tutto il grande numero di persone che hanno partecipato al labirinto genetico che li ha formati esattamente così come sono, e che solo così potevano essere. Questa strana e inattesa metamorfosi mi lascia perplessa, felice, mi fa sentire non più una persona così singolare da essere anche sola, ma il frutto sempre miracoloso di tante piante che mi hanno formato: ora so che ero prevedibile.

allo specchio

Fino ai miei primi tre anni di vita non ricordo di avere conosciuto il mio volto se non per l'intuizione che i tratti somatici trasferiscono al profondo dell'io, la loro coincidenza assoluta con la personalità di ognuno. A volte sfioravo, nel buio, il mio viso di bambina, afferrando con le mani i miei lunghi capelli lisci come per proteggermi dalla notte. Un giorno, senza la presenza attenta della signorina che si occupava di noi, montata su una seggiola, mi sono trovata davanti uno specchio tondo, la cornice verde pisello adatta alla camera "delle bambine". Per la prima volta mi sono riconosciuta, ho intravisto in quel breve lampo la rivelazione di un volto unico, amico, il mio, il volto della mia vita, il volto/me, con lo sguardo triste, curioso, dove c'era già tutta la mia esistenza, le mie età future, c'era Maria Gloria tutta intera, la stessa che attraverso gli anni, ogni giorno, vedo nello specchio del mio bagno, poche le differenze e non essenziali, la mia storia era già trascritta nell'espressione e nelle tracce del mio volto, il coraggio e le debolezze, la trasparenza dell'anima che, da fanciulla, non conosce ancora alcuna opacità e, destino fatale, nel mio volto di bambina c'erano già volti dei miei figli, la promessa della loro venuta. Un'apparizione fugace, il tempo di un breve sguardo, un intravedermi che non dimenticherò, é stato il disvelamento, l'appropriazione di me tutta intera, del mio aspetto che fino allora avevo solo intuito, il mio essere unica, le qualità, i percorsi di una vita così complessa, è stato riconoscermi/conoscermi e come conoscere nel profondo la storia di tutta la mia esistenza: in quella fugace immagine, nello svelamento narcisistico e fatale che era ed è il me/persona, c'era perfino la mia morte.