riflessioni sull'arte contemporanea
30/01/15 10:00
L'arte è sempre veggenza/preveggenza sul proprio presente e sempre tutta, in ogni sua disciplina usa non solo gli strumenti ma soprattutto la profonda bellezza del proprio tempo rendendolo eterno.
Gli abiti barocchi di Hogarth, il canto armonico dell'opera lirica, la lavagna nera e il gessetto di Cy Twombly e di Joseph Beuys come sono nei nostri bistrot per raccontare i menù del giorno.. per questa complessità l'arte è sempre contemporanea, interpreta sublima e entra nel presente per renderlo nostro, lineare e fermo nel tempo; l'arte disegna la storia in modo strutturale e attraverso il tempo è passata dall'interpretazione e enfatizzazione della realtà alla sua tautologica lettura, al suo semplice uso. Nella nostra epoca l'artista pone e propone lo sguardo su ciò che è parte della nostra vita: ad esempio nell’arte denominata da Celant “arte povera”, in realtà l'artista crea la sua opera solo “vedendo davvero ciò che ci circonda” mostrandocene solo un'altra profondità dove la bellezza è perfino secondaria, privilegiando piuttosto l'emozione di vedere davvero "quella"lavagna nera tracciata con un gessetto bianco” comeuna vera opera d’arte. L’arte che convenzionalmente chiamiamo contemporanea esce quindi dalla formalità dell'abbellimento e della rappresentazione che i secoli passati hanno messo in scena, così che anche la musica si spoglia e diventa minimalista come insegna Phil Glass. Però se ascoltiamo la musica di Vincenzo Bellini, noi, ora, in quel Bellini ci sarà anche la lavagna nera del bistrot di Twombly, la serialità delle note di Glass o la nuova armonia di Alvo Part.. l'arte è sempre contemporanea perché è per l'uomo, per il suo sguardo e per le sue emozioni che sono sempre ogni giorno solo nel presente.
Mentre nelle arti del passato il fine era quello di esaltare la bellezza e l'armonia del creato, di Dio o delle opere dell'uomo, la perfezione della fattura e quindi la manualità dell'artista, nelle arti del nostro tempo il fine è quello di mostrare che questa bellezza e questa armonia, se sappiamo vederla, è già ovunque e anche nel trash. Il manufatto sparisce e nasce il progetto che scorpora ciò che già esiste dalla banalità dove è confinato per esporlo al mondo come "eccezione”, e siccome il luogo deputato per esporre è il museo o la galleria, e siccome (Duchamp) tutto ciò che è mostrato in un luogo deputato all'arte diventa arte, nella nostra storia abbiamo la fortuna di poter chiamare arte anche lo scarto e magari di commuoverci per la sua insospettata bellezza.
Gli abiti barocchi di Hogarth, il canto armonico dell'opera lirica, la lavagna nera e il gessetto di Cy Twombly e di Joseph Beuys come sono nei nostri bistrot per raccontare i menù del giorno.. per questa complessità l'arte è sempre contemporanea, interpreta sublima e entra nel presente per renderlo nostro, lineare e fermo nel tempo; l'arte disegna la storia in modo strutturale e attraverso il tempo è passata dall'interpretazione e enfatizzazione della realtà alla sua tautologica lettura, al suo semplice uso. Nella nostra epoca l'artista pone e propone lo sguardo su ciò che è parte della nostra vita: ad esempio nell’arte denominata da Celant “arte povera”, in realtà l'artista crea la sua opera solo “vedendo davvero ciò che ci circonda” mostrandocene solo un'altra profondità dove la bellezza è perfino secondaria, privilegiando piuttosto l'emozione di vedere davvero "quella"lavagna nera tracciata con un gessetto bianco” comeuna vera opera d’arte. L’arte che convenzionalmente chiamiamo contemporanea esce quindi dalla formalità dell'abbellimento e della rappresentazione che i secoli passati hanno messo in scena, così che anche la musica si spoglia e diventa minimalista come insegna Phil Glass. Però se ascoltiamo la musica di Vincenzo Bellini, noi, ora, in quel Bellini ci sarà anche la lavagna nera del bistrot di Twombly, la serialità delle note di Glass o la nuova armonia di Alvo Part.. l'arte è sempre contemporanea perché è per l'uomo, per il suo sguardo e per le sue emozioni che sono sempre ogni giorno solo nel presente.
Mentre nelle arti del passato il fine era quello di esaltare la bellezza e l'armonia del creato, di Dio o delle opere dell'uomo, la perfezione della fattura e quindi la manualità dell'artista, nelle arti del nostro tempo il fine è quello di mostrare che questa bellezza e questa armonia, se sappiamo vederla, è già ovunque e anche nel trash. Il manufatto sparisce e nasce il progetto che scorpora ciò che già esiste dalla banalità dove è confinato per esporlo al mondo come "eccezione”, e siccome il luogo deputato per esporre è il museo o la galleria, e siccome (Duchamp) tutto ciò che è mostrato in un luogo deputato all'arte diventa arte, nella nostra storia abbiamo la fortuna di poter chiamare arte anche lo scarto e magari di commuoverci per la sua insospettata bellezza.